Vitamina K: non solo un potente coagulante

Pubblicato da Centro Pathos il

“K” come koagulation vitamin. La vitamina K oggi è infatti conosciuta soprattutto per la sua capacità di promuovere i corretti processi di coagulazione sanguigna, sebbene esistano diverse proprietà ascrivibili a tale micronutriente.  Da un punto di vista chimico viene classificato come composto liposolubile, dunque viene assorbito insieme ai grassi contenuti negli alimenti e successivamente accumulato a livello del fegato.  È una molecola presente in due forme: la K1 (fillochinone) e la K2 (menachinone): la prima si trova principalmente nei prodotti vegetali, mentre la seconda nei cibi di origine animale e può essere anche sintetizzata dal microbiota intestinale (i batteri che colonizzano l’apparato enterico dell’organismo umano) a partire dalla K1.  In realtà esiste anche una terza tipologia di vitamina K, definita menadione o K3, prodotta sinteticamente ed impiegata nella realizzazione di farmaci che favoriscono il processo di coagulazione. Essendo ubiquitaria nel mondo alimentare, le carenze sono piuttosto rare e possono instaurarsi secondariamente in seguito a sindromi da malassorbimento e a insufficienze epatiche severe.

Le fonti vegetali sono rappresentate principalmente da ortaggi a foglia verde (quali spinaci, lattuga, cavoli e broccoli), legumi, oli come quelli di colza e di soia, frutta (mirtilli, fragole, kiwi, fichi). In minor quantità è presente invece nei cibi di origine animale, come carne, uova e fegato. I prodotti fermentati, quali formaggi e yogurt, contengono la vitamina nella forma K2, anche se le quantità risultano inferiori rispetto a quelle degli altri alimenti.

Solo il 10% della vitamina K1 viene assorbito e, per tale motivo, è consigliabile condire questi ortaggi con olio extravergine di oliva, in quanto i grassi aumentano la biodisponibilità vitaminica fino al 13% in più. Al contrario la K2, essendo rilevata soprattutto in prodotti ad alto tenore lipidico, viene assorbita quasi completamente.

È complesso definire un valore di assunzione raccomandabile giornaliera, poiché risulta difficoltoso sia determinare l’esatta concertazione di tale molecola nei cibi, sia quantificare il contributo da parte della flora batterica che partecipa alla sintesi della vitamina. Secondo i LARN (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti per la popolazione italiana) bisognerebbe assumere 1 µg per chilo di peso corporeo, quota che risulta facilmente raggiungibile seguendo un adeguato e vario regime dietetico.

Ma quindi, in sostanza, a cosa serve la vitamina K? Scopriamolo insieme la prossima settimana con la seconda parte dell’articolo!

Centro Pathos ringrazia la Dott.ssa Martina Alleri per la stesura dell’articolo.


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