Tale Padre, tale figlio?

Pubblicato da Matteo Ingrassia il

È la domenica della letizia, della gioia, quella che celebriamo ogni anno nella quarta domenica di quaresima.

Ma pare ci sia poco da stare allegri ad ascoltare il Vangelo che ci è proposto (Luca 15, 1-3. 11-32). Gesù racconta in una parabola, di una famiglia non molto serena, in cui pare manchi la figura materna, e nella quale il padre ha a che fare con due figli particolarmente difficili.

Il minore, la cui esperienza occupa la maggior parte della narrazione, senza pensare al dolore che potrebbe provare questo padre ritenuto forse troppo ingombrante, gli chiede la sua parte di eredità; in sostanza, per quanto lo riguarda, lo dichiara morto, e ottenuto quanto desiderato, parte, lasciando i suoi cari, per un paese lontano. Lì sperpera tutti i suoi beni, si riduce a morire di fame e a fare un lavoro ignobile per un ebreo, cioè quello di occuparsi dei maiali, animali ritenuto impuro nella tradizione giudaica. Arriva addirittura a desiderare di mangiare ciò che veniva dato ai maiali, ma considerando l’impossibilità di avere anche questo misero cibo, finalmente si decide di ritornare a casa. La necessità ha avuto la meglio, ma la sua idea su questo padre non è cambiata. Si prepara un bel discorso in cui pensa di interpretare l’atteggiamento del padre al suo ritorno: “I giochi, sono fatti, hai avuto il tuo, adesso accontentati delle briciole che devi guadagnarti!”

Il figlio maggiore è, invece, il bravo figlio ubbidiente che sta a casa e fa tutto quello che è “bene”. Ma anche lui non è molto in sintonia con il padre. Non lo capisce e pensa di doversi guadagnarsi l’approvazione di questo padre che alla fine non pare riconoscere i suoi sforzi e che anzi accoglie in modo immeritevole il figlio minore ritornato.

Questo padre, infatti, sembra agire veramente in modo incomprensibile per entrambi i figli. L’accoglienza riservata al minore, il suo attenderlo nonostante la partenza irriverente, il suo corrergli incontro per abbraccialo e restituirgli la dignità perduta, lasciano troncate le parole di scuse di un figlio che pare incapace di entrare nell’ottica di questo uomo, che così pieno di pretese alla fine non è.

Questa accoglienza così calorosa scandalizza l’altro figlio, il maggiore, che dimenticandosi di essere fratello (non usa infatti mai questo termine) si indigna con il padre per la festa di bentornato per un figlio che non ha fatto nulla per meritarselo, mentre per sé non ha mai visto tanta generosità.

In conclusione questo padre ha poco di che rallegrarsi per questi due figli che non lo capiscono, che non apprezzano la libertà concessa ad entrambi; figli di cui non ha mai preteso nulla, ma di cui ha a cuore la vita. Non è un padre che guarda al merito dei figli, ma alla bellezza di averli con sé per fare festa, la sua festa! È il Padre delle possibilità nuove, è il Padre che vuole continuamente generare questi figli perché in quest’amore si riconoscano fratelli inseparabili.

Questo Padre divino vuole dare ai suoi figli il suo stesso sguardo su loro e sulla vita. È questa la vera ragione della gioia di oggi; la possibilità sempre nuova di ricominciare, di rinascere da figli e fratelli. Per Lui non è mai troppo tardi.

Questi due fratelli accetteranno di riconciliarsi e di condividere la stessa tavola, la stessa mensa di comunione? È una domanda che resta aperta nel Vangelo.

E tu, meritevole o no, cosa pensi di fare? Resti fuori o pensi di entrare a questa festa?


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