Passato, tra ombre ed opportunità

Pubblicato da Centro Pathos il

When I was younger (quando ero piccola)
I saw my daddy cry (vidi mio padre piangere)
And cursed at the wind (e maledire al vento)
He broke his own heart (le ha spezzato il cuore)
And i watched (ed io guardavo)
As he tried to re-assemble it (mentre tentava di riaggiustarlo)
And my momma swore (e mia madre giurò)
that she would never let herself forget (che non avrebbe mai dimenticato)
And that was the day that I promised (e quello fu il giorno che io promisi)
I’d never sing of love (che non avrei mai cantato d’amore)
If it does not exist (se questo non esiste)
But darlin’, (ma tesoro)
You, are, the only exception (tu sei l’unica eccezione)
Di sopra è riportato un frammento del testo di una delle mie canzoni preferite di sempre, “the only exception” dei Paramore. Non so dire con esattezza il motivo per cui questo brano è da sempre riuscito ad accarezzare delle corde nascoste e a far risuonare nella mia mente, corpo occasionale di una chitarra malandata, una melodia particolarmente dolorosa.
Forse si tratta della delicatezza del tema “cantato”, giacchè il passato può essere il punto debole di molti, oppure un centro di raccolta e smistamento pacchi, il check-point dal quale ripartono tutti i nostri problemi un volta che siamo vicini a superarli. A volte è incredibilmente superficiale il modo che abbiamo di metterlo in un angolo, cercando di mostrarci come individui sempre nuovi e intonsi, scevri da ogni qualsivoglia forma di inquinato retaggio. Ed è in questi casi più che negli altri che ogni situazione, ogni scenario, anche quello che appare più originale ai nostri occhi, ci attrae spesso proprio perché ha, in realtà, sapori e odori del passato, di posti in cui siamo già stati e vite che abbiamo già vissuto.
Se non vi sembra paradossale il fatto che più ci riteniamo moderni più ci riscopriamo antichi, allora io non so più che significato abbia la parola “paradosso”…
Alcuni lettori, sono sicura, tremano al solo sentirne parlare e ogni mattina serrano con forza la finestra dalla quale passa l’aria gelida e immobilizzante di ciò che non è più, ma che è capace di invadere ancora. Probabilmente, azzardo anzi a dire che ne sono sicura, la maggior parte di lor lettori, alla domanda che prova a scavare nelle motivazioni di qualsivoglia situazione che non è andata come ci si aspettava, o di qualsiasi cosa che nel presente arreca dolore, non asserirebbero che la risposta ha una dimora nel loro ieri. La colpa è, semmai, di qualcosa di gravemente pratico che riguarda l’oggi, o magari addirittura il domani. Ebbene, seppur, estremamente scomodo come un divano vecchio e logoro, per queste persone, potrebbe essere fondamentale cercare di comprendere che ogni tanto il passato è un’opportunità, e che è bene provare a pensare che smettere di evitare di guardarsi indietro per paura di trovarci dei mostri con gli occhi rossi e le fauci spalancate, può essere rassicurante come sedersi su un vecchio divano, che tra le sue pieghe nasconde le biglie di quando eravamo bambini, per riscoprirsi più piccoli di quanto non lo siamo mai stati davvero. Solo allora (e qualcuno penserà crudelmente) le facce nel nostro presente avranno connotati nuovi, solo in quel momento sarà chiaro e vivido ai ciechi che ogni cosa nuova che non va, in realtà è vecchia e si ripete, e solo allora, nel momento in cui ci si sentirà maggiormente presi in giro dal proprio passato, riusciremo a scorgere l’opportunità del nuovo, “l’unica eccezione” (“the only exception”). Riabbracciate il vostro passato come il figliol prodigo che torna all’improvviso e rimproveratelo per non essersi fatto vedere per tanto tempo e per esservi stato accanto non come un alleato, ma come un’ombra fagocitante… potreste riscoprire che nel frattempo si è fatto luminoso e che dietro di voi non c’erano mostri, ma dolori che non avevamo compreso… insieme ai “noi bambini” che non abbiamo adeguatamente coccolato.

Centro Pathos ringrazia la collaboratrice Rita per la stesura dell’articolo.


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